Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. Penale, Sez. V, sentenza 04.06.2012 n°21489), che richiama una sentenza delle Sezioni Unite (Cass. Penale, SS.UU., sentenza 23.02.2000 n°7), stabilisce che non sia sequestrabile il sito internet che pubblichi il testo di intercettazioni telefoniche con contenuti (che una parte presume essere) diffamatori.
Nel caso richiamato i siti interessati avevano riportato delle intercettazioni già pubblicate in precedenza da un giornale (cartaceo). La domanda di “oscuramento” (rectius sequestro preventivo) veniva svolta nel tentativo di bloccare quel “volano” negativo (in questo caso) che la rete avrebbe contribuito a creare. Ma la Suprema Corte ha inciso con mano sicura, con quella competenza chirurgica e asettica che tanto le appartiene, respingendo il ricorso.
Una domanda è a questo punto: se, poi, la ricorrente otterrà ragione sul contenuto diffamatorio delle intercettazioni divulgate, verrà concessa dai media, vecchi e nuovi, la stessa eco?
L’ultimo grado di giudizio, però, non è un ente morale, e nemmeno di merito.
Infatti la Cassazione chiude le motivazioni sostenendo che “restano infondati i rilievi formulati dal ricorrente in riferimento al contenuto delle frasi riportate, che si ritiene atto a cagionare nocumento alla querelante, atteso che – restando preclusa in questa Sede ogni rivalutazione del merito – il provvedimento impugnato rivela specifica e coerente valutazione della assenza dei presupposti di legge idonei a consentire l’applicazione della misura (il sequestro preventivo dei siti n.d.r.)” .
Come a dire: c’avrebbe ragione ma non possiamo dargliela.
Comunque c’è da stare tranquilli perché la Cassazione cambia i propri orientamenti col mutare dei tempi, perché è, o dovrebbe essere, lo specchio della società in cui viviamo. Restiamo in attesa della prossima pronuncia. Ubi maior…
Ci si interroga, inoltre, se il diritto di cronaca di fatto abbia dei confini, sia fisici che virtuali. E quando, superati tali confini, si voglia solo sfruttare la notizia (in questo caso la persona oggetto della presunta diffamazione era una parlamentare).
Sicuramente un limite è l’utilità sociale. E perciò il diritto di cronaca deve poter essere invocato anche dalla Rete, che è sì un ente di utilità sociale. Oggi più che mai.
Salvo, dunque, il diritto di cronaca? In questo caso si dovrebbe forse dire: salvo il diritto a fare da cassa di risonanza. Il timore è che talvolta il nome cronaca serva solo ad allungare l’ombra per nascondere un pettegolezzo travestito da questione importante.
A chi legge, la scelta.
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