Il marketing digitale ha un pregio: è meritocratico.
Premia le performance, con due effetti di rinnovamento sul mercato:
– crea una maggior competizione, basata sui risultati e non sull’autoreferenzialità delle grandi firme creative;
– consente di segmentare il pubblico e monitorarne in tempo reale il livello di apprezzamento.
Questa “matematizzazione” del marketing porta tuttavia a un difetto fatale: la nevrosi del numero. Lo spostamento del baricentro delle aspettative sul feedback quantitativo.
La referenza infografica del numero (da Google analytics a Facebook insights etc.) ha ripulito la mente della committenza dalla sacra tendenza alla valutazione qualitativa.
Generare 5.000 like su una pagina ha valore. Ma cosa nasconde questo numero in termini di pertinenza con i propri obiettivi di comunicazione? Qual è il dato strategico, intuitivo, su cui valorizzare questo numero?
Servono, in sostanza, competenze umane e peculiari al di fuori dell’algoritmo.
Un’altra considerazione: perché il dato “display”, ovvero le volte in cui il brand viene visualizzato sullo schermo da un target specifico, al netto di qualsiasi interazione, è spesso snobbato?
Ci siamo dimenticati che per decenni, prima dell’avvento del web, abbiamo investito milioni in campagne di puro display (affissioni e pagine stampa), peraltro su target assolutamente indifferenziati?
Non lasciamoci prevalere dall’ansia del numero. Recuperiamo quella vena strategica e quel ragionare sul brand che fanno della comunicazione una disciplina umanistica.
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Marco Fornaro, presenza Online
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